Raggiungere questo angolo remoto del Peloponneso vale la pena soltanto per visitare Monemvasia. Il piccolo borgo racchiude già nel nome il segreto della sua unicità. Moni emvasi in greco vuol dire unico ingresso e in effetti, per raggiungere lo sperone di roccia in mezzo al mare su cui è adagiata la città bisogna oltrepassare il ponte costruito sull’istmo che lo separa dalla terraferma.
La fondazione della città risale al sesto secolo e ha una storia simile a quella di Venezia. Alcuni cittadini della Laconia, regione storica del Peloponneso, per fuggire alle scorrerie degli avari e degli slavi, decidono di fondare una nuova località che possa avere nella sua struttura quasi insulare le caratteristiche ideali per essere difesa.
Dal IX al XII secolo i suoi abitanti sfruttarono la sua posizione strategica per farne un centro marittimo e mercantile. Monemvasia poteva offrire infatti un approdo sicuro alle navi che collegavano le isole del Mediterraneo a Bisanzio e al Mar Nero. Il castello costruito alle pendici dello sperone roccioso ne avevano fatto nel frattempo anche una forza militare.
Nei secoli seguenti anche Monemvasia seguì le inquiete vicissitudini della terraferma, fino a diventare, nel 1349, parte integrante del Despotato di Morea. Era quindi sotto il controllo dei despoti, come venivano chiamati i Signori di Mistrà, in quegli anni la più importante città del Peloponneso.
Le lotte intestine fra i despoti furono fatali per le sorti della regione, che nel 1460 venne invasa dai turchi. Monemvasia, però, resistette ancora finchè l’ultimo governatore bizantino non la cedette ai veneziani. Fu così che la città passò con alterne fortune e più volte dalle mani dei veneziani a quelle dei turchi, fino alla sua definitiva liberazione da parte dei rivoluzionari greci, nel 1821.
La città di oggi si presenta come una piccola località di notevole eleganza. Le case, le chiese, le cisterne, i vecchi bagni turchi, sono state riadattate alle esigenze turistiche degli ateniesi che ne hanno fatto il luogo ideale per avere una seconda casa dove fuggire dal caos della capitale. Tuttavia, resta anche un luogo visitato da turisti di tutto il mondo, soprattutto nei mesi estivi.
La struttura della città bassa rimane simile a quella del passato, con strade di acciottolato che corrono parallele e su cui si affacciano i locali o i negozi di souvenir, dove una volta si affacciavano le botteghe. I piccoli vicoli laterali, ripidi o a gradini, servono invece per salire o scendere lungo il roccioso pendio che porta dal mare fino alla cittadella.
Le strutture odierne sono frutto di una stratificazione che parte dall’epoca bizantina, e passa attraverso i periodi veneziani e ottomani, per arrivare al giorno d’oggi.
Il cuore della città bassa è la piazzetta alberata sulla quale si affacciano le costruzioni più importanti. La chiesa di Cristo Elkoménos, dedicata ad una miracolosa icona di Cristo, la vecchia residenza episcopale, con un leone di San Marco che sovrasta la porta d’ingresso, e il museo archeologico ospitato nello stabile dell’antica moschea. Da qui si sale verso la cittadella, la parte alta della città, che offre degli scorci impressionanti sull’abitato e sul mare. La costruzione più significativa della cittadella, dove sono sopravvissuti anche resti di case e delle importantissime cisterne per l’acqua piovana, è la suggestiva chiesa di Santa Sofia.
La posizione invidiabile dell’abitato, incastonato come una gemma fra la aspre alture della penisola e il blu intenso dell’Egeo meridionale, rende Monemvasia un luogo magico, ricco di suggestioni, di forti richiami a un passato lontano, ma anche di un presente in cui i colori e i profumi del Mediterraneo avvolgono il visitatore, fino a conquisarlo.
Testo e fotografie di Davide Fustini